INCONTRI A TEMA VII EDIZIONE Martedì 26 novembre 2013 ore 16.30

dr. Fabio Marino – medico chirurgo specialista in neuropsichiatria

ABSTRACT DELLA CONFERENZA:

I quadri demenziali rappresentano un problema sempre più importante nelle società occidentali, sia in termini di frequenza della malattia, che, ovviamente, in termini di costi per l’assistenza.

Pur se comunemente conosciuti come “malattia di Alzheimer”, rappresentano in realtà un insieme eterogeneo di quadri, che comprendono forme ad evoluzione rapida o meno rapida, forme effettivamente riconoscibili come “Alzheimer”, forme secondarie ad altre patologie del Sistema Nervoso Centrale, come, ad esempio, quelle di origine vascolare.

Si stima che una percentuale variabile fra il 6 e il 15% (in Italia) di persone ultraottantenni vada incontro non solo al semplice decadimento cognitivo, correlato all’età, ma contragga a tutti gli effetti una patologia di tipo demenziale. Anni addietro si ipotizzò, proprio in virtù dell’invecchiamento della popolazione generale, fenomeno particolarmente vistoso nel mondo
occidentale, che, nel periodo 2010-2050, si sarebbe assistito ad un incremento notevole delle demenze, tanto che si parlò esplicitamente di demenze come una forma silente di epidemia per gli anni a venire.

Proprio per l’incremento della speranza di vita, specialmente nelle donne (giunta ormai ad oltre 85 anni, seconda nel mondo soltanto al Giappone), diventa sempre più frequente il rilievo (per l’appunto prevalente nelle donne) di quadri demenziali di varia gravità; va sottolineato, tuttavia, che se è vero che, in termini assoluti e relativi, il sesso femminile appare quello maggiormente colpito, ciò sembra essere dovuto esclusivamente al fenomeno già accennato, e cioè la longevità, la quale ovviamente favorisce il riscontro di numerose alterazioni e patologie di tipo cronico-degenerativo, fra cui le sindromi demenziali.

In questo ambito, dunque, si distinguono principalmente due tipi di demenza: uno definito come “demenza MMI (micro-multi-infartuale)”, percentualmente presente nell’11-30% dei casi e legato a fattori vascolari (per esempio, diabete, ipertensione, ictus, attacchi ischemici transitori ripetuti, episodi di fibrillazione atriale), nonché tipicamente correlato, secondo alcune statistiche, ad un’età più avanzata; un altro, invece, rappresentato dal morbo di Alzheimer (o, meglio, di Perusini-Alzheimer, essendo stato descritto per la prima volta dall’italiano Gaetano Perusini, un neurologo militare deceduto nella Grande Guerra a soli 36 anni), che rappresenta il 50-80% dei casi di demenza, ed è caratterizzato da un decorso più rapido e da un’insorgenza relativamente
precoce. Sotto questo riguardo, infatti, pressoché ogni demenza riscontrata prima dei 65 anni è Alzheimer.

Si tratta di malattie dall’esordio estremamente insidioso, solitamente connesso ad alterazioni, via via chiaramente vistose, della memoria; successivamente, compaiono anche modificazioni della personalità, dell’umore, delle capacità (intese in senso generale) del malato, fino a giungere, negli stadi estremi (spesso tuttavia non osservabili per la morte del paziente dovuta anche ad altre cause) alla cosiddetta “amenza”. Un quadro gravissimo, in cui, seguendo la cosiddetta “legge di Ribot”, che prevede la progressiva dimenticanza di elementi della propria vita a partire dai più recenti, il paziente giunge non solo a non riconoscere né ricordare financo i propri congiunti, ma addirittura il proprio nome.

Come si capisce, si tratta di malattie assai severe, dall’origine sostanzialmente sconosciuta, la cui cura è semplicemente sintomatica. Non esistono, cioè, dei farmaci realmente efficaci per frenare il progresso della patologia, ma solo in grado di rallentarne in parte il processo. Tuttavia, in notevole misura è possibile effettuare una prevenzione, certamente più agevole nel caso delle demenze vascolari (ad esempio, attraverso la correzione ed il controllo della malattia di base), la quale comprenda adeguata stimolazione neuropsicologica. Esistono infatti dimostrazioni e studi scientifici che sottolineano l’importanza decisiva delle attività cerebrali nella prevenzione dell’insorgenza e nel rallentamento delle demenze.

Dunque, se poco si può fare sul piano classicamente terapeutico, molto si può e si deve fare in termini di prevenzione della malattia, sfruttando, almeno per una volta, il maggiore dinamismo “corsaiolo” della società moderna.

SCHEDA RELATORE

( photos)
1 Gennaio 1970

Note: To see the pictures in the original Picasa album, click here

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