INCONTRI A TEMA VI EDIZIONE Martedì 12 febbraio 2013 ore 16.30
Prof. Benedetto Del Vecchio – docente Università di Cassino
ABSTRACT DELLA CONFERENZA:
Alla fine dell’anno scorso, durante una ricerca sulla sistematica giuridica della procreazione artificiale, mi sono imbattuto in un problema al quale è necessario dare risposte esaurienti, anche sul piano legislativo, perché, a rigore, si rischia di violare i diritti e gli interessi del nascituro “artificialmente” concepito.
Mi riferisco in particolare alla procreazione artificiale eterologa.
In questa operazione “tecnica”, come si sa, i gameti (quelli maschili e quelli femminili), ricevuti da una banca semi o acquistati presso terzi, vengono assemblati e la loro fusione attua il concepimento ed il sorgere di una vita nuova. Il risultato embrionale di tale procedimento viene innestato nell’utero di una donna, normalmente quello della coppia, e, col tempo, nasce un bambino.
Tutto ciò si presenta in linea con i diritti umani della genitorialità, ancorché gelidamente affidata alle tecniche medicali, sganciata dall’interazione affettiva dei componenti della coppia e quindi dal diretto e naturale coinvolgimento delle loro reciproche personalità, e per di più attuata con gameti estranei (in tutto o in parte) alla coppia.
Il bambino si sviluppa, cresce e raggiunta una certa età, a cominciare da quella adolescenziale, emerge la necessità di informare il figlio intorno alle sue origini oppure è il figlio stesso che interroga sulle sue origini.
La risposta è lineare nei contenuti descrittivi: gli si può dire che è stato concepito in via artificiale ed è cresciuto nel grembo di un donna (quella della mamma che l’ha partorito) o addirittura nel grembo di una donna diversa. A questo punto la “curiosità del figlio” si estende a formulare ulteriori domande, e cioè: può chiedere chi sono i genitori genetici che hanno dato il loro seme e chi è la donna che l’ha partorito, se estranea alla coppia. La risposta non può che essere ZERO, perché nei procedimenti di inseminazione eterologa non c’è “tracciabilità” di queste origini. Intanto son già sorti alcuni problemi in ordine al se informare o meno. Si sa che il Comitato Nazionale di Bioetica ha espresso l’opinione favorevole ad informare il figlio delle sue origini “artificiali”, ma non è mancato chi è di diverso avviso, come ad es. il pediatra Paolo Sarti, che sta seguendo molti bambini nati con la P.M.A.ed è un esperto in materia. Inoltre è in corso dibattito anche sulle modalità dell’informazione. A tal uopo è stato promosso di recente un convegno segnalato dal Corriere della Sera di domenica 27.01.2013 a p.42, nel quale sono stati trattati i complessi aspetti psicologici e psichiatrici dell’informazione in questa materia..
A margine del problema informativo si situa, però, ed a monte, un altro problema non meno incisivo e delicato dei due sopra segnalati, ed è quello d’ordine giuridico.
Infatti, ritenuta la mancanza della tracciabilità dei donatori dei semi e/o di chi ha “affittato” l’utero, appare evidente che la domanda del figlio sulle proprie origini genetiche trova una risposta necessariamente negativa. Se è vero, allora, che la conoscenza delle proprie origini genetiche costituisce un diritto umano inviolabile (lo si argomenta, ad es., dall’art.28 della legge in tema di adozioni) e se questo diritto nella procreazione artificiale eterologa è “preordinatamene” programmato a violare quel diritto, è evidente che il giurista non può stare in disparte.
Si constata, infatti, che le legislazioni in materia si sono preoccupate giustamente di garantire la tutela del diritto di procreare ma si sono dimenticate di regolare un bilanciamento fra questo diritto di avere un figlio e quello del nascituro di avere la possibilità di conoscere i propri genitori genetici. Questo problema, a primo acchito, presenta due risvolti pratici sul piano dell’applicazione della legge. Il primo risvolto è che c’è il rischio della violazione del principio di uguaglianza, per il quale a parità di situazioni deve esserci parità di trattamento. Nel caso di figlio concepito artificialmente si parte dalla programmata ignoranza di chi ha prestato il seme e/o l’utero, ed il figlio non avrà possibilità di conoscere le proprie origini; al contrario, nel caso del figlio abbandonato e adottato, questi può accedere alla “carte” e scoprire i propri genitori biologici.
In secondo luogo, ritenuto che c’è violazione del diritto umano alla conoscenza del genitore genetico, non è escluso per l’avvenire la richiesta di risarcibilità del danno morale provocato dalla programmata preclusione alla conoscenza delle origini personali, nella stessa misura logica con la quale già oggi nelle aule dei tribunali si discute di risarcimento del danno da nascita indesiderata.
E’ prematuro dare risposte esaurienti, anche perché non c’è letteratura in merito. Ma una meditazione più ponderata va fatta anche sul piano giuridico, perché non sembra tutto giusto e vero quello che si dice nei dintorni, soprattutto se si tiene conto che il “figlio” è la persona più debole nella catena soggettiva del fenomeno procreativo!
( photos)
1 Gennaio 1970
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Note: To see the pictures in the original Picasa album, click here
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1 Gennaio 1970
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