INCONTRI A TEMA V EDIZIONE – Martedì 4 ottobre, ore 16.30
dr. Sergio Ricciuti – v.presidente SIFIT Soc. Italiana Fitoterapia
ABSTRACT DELLA CONFERENZA:
Una pianta speciale, un fossile vivente con una grande storia ed un interessante futuro, molto studiata ma, al tempo stesso, ricca di segreti che ci sta svelando senza fretta. Stiamo parlando, naturalmente, del Ginkgo Biloba che dal 1712, quando il botanico Kaempfer la notò durante un viaggio in Estremo Oriente, si è imposta prima per la sua bellezza e poi per le sue potenzialità terapeutiche.
La sua storia inizia nel Mesozoico ed è da taluni considerata la pianta più antica del pianeta. Da questa sua caratteristica deriva un grande interesse botanico e l’appellativo di “fossile vivente”. Infatti, dal punto di vista evolutivo, è come se il suo sviluppo si fosse fermato, cosa che si può rilevare dalle caratteristiche venature “dritte” e non “ramificate” delle sue foglie. Il Ginkgo ha, però, un altro appellativo, “l’albero della vita” che sintetizza questa caratteristica insieme alla sua straordinaria capacità di resistere agli insulti ambientali ed alle sue interessanti proprietà terapeutiche utili anche nella terza età dell’uomo.
Raccontiamo, allora, la storia di questa straordinaria pianta medicinale. Nel Giurassico, periodo mediano del Mesozoico circa 200 milioni di anni fa, le montagne dovevano essere ricche di vegetazione. Le forme più elevate di vita erano i grandi rettili, come i dinosauri, che nelle diverse forme dominavano e controllavano mare, cielo e terra. Erano presenti conifere, taxaceae, cycas e felci. Il Ginkgo era presente soprattutto alle latitudini settentrionali. Nel periodo terziario, 60 milioni di anni fa, la sua presenza si ridusse all’Europa Occidentale ed all’Asia Orientale dove si concentrò nel Pliocene. A questo punto si perdono le tracce del Ginkgo che ricompare nel 1712 quando Kaempfer rimase affascinato da questo albero che ornava i monasteri dei monaci buddisti.
Il nome deriva dal cinese “Yin Kuo Tsu” occidentalizzato in maniera molto approssimativa. Linneo si accorse dell’errore e forse avrebbe voluto restituire alla pianta il nome originale, ma era ormai troppo tardi e per tutti questa splendida pianta era il Ginkgo biloba (per la caratteristica forma delle foglie, appunto, bilobate che ricordano i flabelli con cui gli schiavi rinfrescavano i faraoni).
Tutti i giardini del centro-nord europa, facevano a gara per sfoggiare esemplari alti anche 30-35 metri, possibilmente maschili (è una pianta dioica, porta cioè fiori distinti sugli esemplari maschili e femminile) più alti e slanciati di quelli femminili ed i giardinieri inglesi tenevano corsi di aggiornamento sulle caratteristiche di questa coriacea (resiste a temperature di -35°) pianta.
I giardinieri di Weimar frequentavano regolarmente i loro esperti colleghi e maestri inglesi e, quando portarono in patria i primi esemplari, Goethe ne rimase affascinato al punto da scrivere una poesia nella quale – con evidente riferimento alla foglia bilobata – si chiedeva se fosse “uno o due riuniti in uno”. Il fascino esercitato su Goethe lo portò a guarnire con una foglia i biglietti che scriveva alle sue ammiratrici. A Weimar il Ginkgo continua ad avere molti ammiratori, c’è un museo che ne tramanda la storia e vende anche tisane, thè e tanti prodotti che vengono preparati partendo dalle foglie.
L’orto botanico di Parma lo utilizza come suo stemma come pure le città di Tokio ed Osaka. In Giappone, però, il Ginkgo ha un significato speciale, di “albero della pace” perché un suo esemplare (secondo alcuni ben sei esemplari) è sopravvissuto alla bomba atomica sganciata su Hiroshima il 6 agosto 1945.
In Cina il Ginkgo ha un significato di equilibrio e di armonia, anche per questo è da tanti anni utilizzato in medicina. In occidente le sue qualità farmacologiche, riconducibili ad un fitocomplesso particolarmente ricco di flavonoidi, sono studiate con particolare attenzione. Rappresenta un esempio, frequentemente citato, delle problematiche con cui deve convivere la ricerca: difficoltà di reperire fondi, difficoltà di raggiungere “numeri” significativi e qualità delle preparazioni molto eterogenea che rende difficilmente confrontabili i risultati dei diversi trial. In questo settore le ricerche più accreditate sono quelle che hanno utilizzato un preparato italiano, l’estratto secco EGB 761 della ditta Indena una azienda leader mondiale nel settore dei preparati fitoterapici di qualità.
Un problema non trascurabile è, quindi, quello della qualità delle preparazioni, premessa essenziale per la riproducibilità dei risultati. In particolare si fa riferimento a preparazioni titolate al 25% (ma attenzione sono in commercio numerose preparazioni con titolo ben diverso) in flavonoidi somministrate a dosaggi di 120-240 mg pro-die.
Non ci dilunghiamo su composizione, farmacocinetica, effetti indesiderati e studi che gli interessati potranno leggere sul sito della farmacia digitando la parola ginkgo. Ci limitiamo a ricordare che è stato utilizzato con alterni risultati nelle turbe vascolari della circolazione periferica, in proctologia, nelle arteriopatie obliteranti degli arti inferiori, nelle insufficienze circolatorie, negli acufeni, nelle sindromi vertiginose, nelle cefalee, nei disturbi del comportamento e nell’asma. È stato anche utilizzato nella prevenzione del deterioramento mentale, nel trattamento dell’aterosclerosi, nelle manifestazioni della microangiopatia diabetica, nell’ipertensione arteriosa e nella prevenzione delle trombosi venose. La sua efficacia è comprovata da numerosi studi e metanalisi ma, è altrettanto vero che molti studi ne confutano l’efficacia.
Viene utilizzato da solo o in associazione ed è contenuto anche in farmaci, oltre che in integratori, ed il suo uso incontra una crescente diffusione.
È generalmente ben tollerato e sono rari gli effetti indesiderati riconducibili agli acidi ginkgolici contenuti nei frutti. Questi ultimi sono presenti nelle preparazioni di cattiva qualità che utilizzano le parti aeree senza separare con la dovuta accortezza le foglie da rami e semi. Va precisato che gli acidi ginkgolici sono controllati nelle preparazioni di buona qualità nelle quali non devono superare una ben definita soglia di sicurezza. Inoltre, per il suo tenore in flavonoidi, il ginkgo è sconsigliato in gravidanza ed allattamento. Un’altra controindicazione riguarda i pazienti che fanno uso di anticoagulanti ed antiaggreganti piastrinici per il possibile rischio di emorragie.
Tra le forme farmaceutiche, dal momento che bisogna realizzare una elevata concentrazione degli estratti, quella che sembra preferibile è l’estratto secco mentre le tinture madri risultano essere troppo diluite.
Concludendo questa “chiacchierata” sulle virtù di questa incredibile pianta medicinale abbiamo la sensazione che – con grande giudizio – ci stia rivelando i suoi segreti. I prossimi anni ci chiariranno l’effettiva portata terapeutica e le prospettive sembrano ottime. Intanto godiamoci la bellezza e l’eleganza di questo straordinario vecchio, proprio come fanno le ragazze cinesi che passeggiano a Guilin lungo il fiume Li all’ombra di lunghi filari di ginkgo.
( photos)
1 Gennaio 1970
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Note: To see the pictures in the original Picasa album, click here
( photos)
1 Gennaio 1970
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1 Gennaio 1970
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