INCONTRI A TEMA IV EDIZIONE Martedì 25 gennaio 2011 – ore 16,30
Dr. Salvatore Umbaldo – medico veterinario, responsabile igiene alimenti e prod. zootecniche ASL FR distretto D
ABSTRACT DELLA CONFERENZA :
Cosè? La BSE o Bovine Spongiform Encephalopathy non è altro che una malattia appartenente al gruppo delle encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) che colpisce prevalentemente i bovini adulti.
Eziologia: L’agente eziologico è una proteina modificata rispetto alla forma “non patologica” definita “prione”. La proteina modificata provoca un danno irreversibile nella proteina presente nelle cellule sane del cervello. I suddetti prioni sono agenti eziologici che non evocano nessuna risposta anticorpale o infiammatoria da parte dell’animale ospite. Inoltre si distinguono da virus e batteri perché resistenti per più di un’ora a temperature altissime (360°) che scioglierebbero il piombo. Resistenti, inoltre, a radiazioni, a formaldeide e varechina. La malattia colpisce maggiormente le mucche da latte che si ammalano con maggiore frequenza all’età di circa 5 anni corrispondente anche al lungo periodo di incubazione.
Sintomi clinici e comportamenti degli animali: I sintomi rilevabili sono prevalentemente di tipo neurologico, tra cui prevalgono modificazioni del comportamento, della sensibilità, e del movimento. La mucca, spesse volte, è anoressica o se mangia dimagrisce; diventa ansiosa, nervosa e aggressiva, sembra intimorirsi dall’avvicinamento dell’uomo e reagisce in modo eccessivo agli stimoli esterni (es. durante la mungitura, non sopporta luci e rumori oppure quando uno gli si avvicina in modo improvviso). A questi comportamenti si associano una ridotta frequenza della ruminazione e del battito cardiaco e si ha anche la caduta della produzione lattea. Man mano che la malattia progredisce, le mucche presentano la testa abbassata, tremori involontari e andatura barcollante. incespicano e cadono spesso sulle zampe posteriori fino al punto in cui non riescono a mantenere la stazione eretta. Gli animali colpiti vengono inesorabilmente a morte in media dalle due settimane ai sei mesi dopo la comparsa dei sintomi.
Un po’ di Storia: La prima malattia da Prioni riconosciuta è stata descritta nelle pecore con il termine Scrapie (1732). La denominazione si deve al prurito che manifestavano gli animali colpiti da to scrape (grattarsi). In Francia nel 1881 viene segnalato uno strano caso di scrapie in una bovina. In seguito le Encefalopatie Spongiformi trasmissibili (TSE) sono state segnalate in diverse specie animali quali bovini (riscontrata per la prima volta nel Regno Unito nel novembre 1986), felini, visoni, nei ruminanti selvatici quali il cervo e in animali esotici degli zoo quali ocelot, puma, tigre, leone, bisonte, antilope camoscio (Oryx gazzella) e antilope alcina (Taurotragus oryx). Oggi si pensa che l’epidemia abbia avuto origine (nei bovini del Regno Unito) dall’utilizzo per l’alimentazione del bestiame di farine di carne derivate da carcasse bovine infette. L’utilizzo delle carcasse infette e le modifiche apportate intorno al 1981-82 alle tecnologie di produzione delle relative farine di carne (abbassamento delle temperature e modifica del solvente per l’estrazione dei grassi) avrebbero consentito la comparsa e la successiva diffusione della BSE.
Trasmissione della malattia: La malattia si trasmette per via alimentare. Una possibile trasmissione dell’agente attraverso il semplice contatto tra animali sani ed infetti (orizzontale) non è stata dimostrata, mentre da madre a figlio (verticale) è stata al momento dimostrata su base statistica nel 10% dei casi. L’agente è stato finora isolato solo in specifici organi e tessuti degli animali colpiti, rappresentati da encefalo, midollo spinale, occhi, tonsille, piccolo intestino, materiali a rischio che vengono distrutti mediante incenerimento e coincenerimento .
Diagnosi: La diagnosi di certezza può essere fatta solo dopo che i soggetti sospetti sono deceduti in quanto occorrono specifiche porzioni di cervello su cui poter effettuare determinate prove di laboratorio. Normalmente vengono effettuate tre prove:
1) Istopatologica
2) Immunoistochimica
3) Western-blot
A partire dal 2001 vengono utilizzati come metodo di screening sui bovini macellati i cosiddetti “test rapidi” (risultato medio in 24 ore dall’accettazione del campione da parte del laboratorio) che permettono di elevare un fondato sospetto di BSE sui soggetti risultati positivi. Per tali soggetti devono essere comunque poi effettuate le prove di conferma definitiva.
La BSE nella sicurezza alimentare
Il problema dei mangimi. La responsabilità delle farine di carne contaminate oggi è stata ammessa dalla maggior parte del mondo scientifico e di conseguenza i vari stati membri della Comunità Europea hanno ritenuto opportuno prendere dei provvedimenti legislativi per quanto riguarda “l’alimentazione dei ruminanti” a cominciare dalla Gran Bretagna che nel 1988 ha vietato l’utilizzo di farine di carne per l’alimentazione dei ruminanti. Nel 1994, la Commissione Europea, ha vietato la somministrazione ai ruminanti di mangimi contenenti proteine derivanti da tessuti di mammiferi. A tale proposito la normativa italiana è stata ancora più restrittiva rispetto a quella comunitaria, in quanto non si è limitata ad imporre il divieto solo nei ruminanti (quindi a tutti i bovini e ovi-caprini) ma addirittura ha imposto il divieto per tutti gli animali erbivori. L’attività di vigilanza per i divieti di cui sopra è affidata ai servizi veterinari del S.S.N., dipendenti dell’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi (ICRF), Comando Carabinieri per la Sanità (NAS), l’attività analitica dei campioni è in carico alla rete degli IIZZSS ed ai laboratori territoriali dell’ICRF.
Misure di controllo ed eradicazione negli allevamenti. L’attività di sorveglianza nei confronti della BSE ha avuto inizio a partire dal 1998, quando la Commissione Europea ha disposto che in ogni singolo Stato membro fossero testati campioni di bovini con sintomi di malattia, morti in allevamento, o ritenuti ad alto rischio in quanto importati da paesi dove la BSE era già stata confermata o da paesi dove venissero utilizzate farine di carne. Tutto quello che ha rivoluzionato il sistema di sorveglianza per la BSE è stata l’introduzione verso la fine del 2000 di nuovi test definiti “rapidi”, capaci di dare risposte in tempi molto più brevi. Ciò ha permesso di individuare la presenza della BSE in diversi paesi europei ritenuti fino ad allora indenni dalla malattia. E’ quindi nel 2001 che viene lanciato dal Parlamento Europeo un vasto piano di sorveglianza per l’Encefalopatia Spongiforme Bovina che prevede il testaggio di tutti gli animali macellati attraverso il prelievo di una specifica porzione di cervello sul quale effettuare i suddetti test rapidi. Nel caso di positività il campione viene sottoposto a successive prove diagnostiche onde confermare la presenza della malattia e quindi ordinare la distruzione della carcassa. La sorveglianza attiva ha avuto inizio nel gennaio del 2001 e fino a gennaio del 2009 è stata condotta su tutti i bovini sani macellati di età superiore ai due anni e mezzo. Per i capi che alla visita veterinaria al macello presentavano sintomi generici di malattia il test rapido veniva effettuato sui soggetti a partire dai due anni di età. Nel gennaio del 2009 l’Italia insieme ad altri Stati Membri della UE ha beneficiato di un nuovo regime che ha portato a quattro anni l’età dei bovini da sottoporre al test. Solo per dare l’idea dello sforzo messo in campo per effettuare l’attività di sorveglianza attiva basti pensare che sono state effettuate dal 2001 ad oggi oltre cinque milioni di test interamente finanziati dallo Stato Italiano per un costo stimabile intorno ai 100 milioni di euro. La tabella indica il numero di casi di BSE rinvenuti per anno di controllo in Italia.
Anno numero casi
2001 48
2002 34
2003 31
2004 7
2005 8
2006 7
2007 2
2008 1
2009 1
Totale 139
A partire dal gennaio 2001 sono stati confermati 139 casi di BSE, che hanno determinato l’apertura di 139 focolai e l’abbattimento di oltre 12000 capi. In futuro l’attività di sorveglianza verrà comunque mantenuta quale sistema di allerta rapido per monitorare eventuali nuove forme di BSE nel bovino. Affiancata all’attività di sorveglianza “attiva” vi è anche una sorveglianza passiva che consiste nell’individuare, presso le aziende che allevano bovini, eventuali soggetti con sintomi clinici della BSE.
( photos)
1 Gennaio 1970
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Note: To see the pictures in the original Picasa album, click here