INCONTRI A TEMA III EDIZIONE Martedì 4 maggio 2010 – ore 16,30

Avv.to Riccardo Ernesto Di Vizio – professore a.c. diritto penale Università di Cassino

ABSTRACT DELLA CONFERENZA:

La Costituzione, nell’art. 32 (che vieta i trattamenti sanitari obbligatori), e nell’art. 13, (che tutela la libertà personale), ed alcune leggi ordinarie (come la l. n. 833 del 1978, sul servizio sanitario nazionale) impone all’interprete di riconoscere l’esistenza, nel nostro ordinamento, del diritto del paziente ad essere informato in maniera esaustiva, con riferimento agli effetti di una determinata terapia.

È opportuno sottolineare che, in via principale, il diritto al consenso informato mira ad impedire al medico di sostituirsi al malato nella decisione sull’an, sul quando e sul quomodo (in sostanza sul da farsi) al fine di procedere per la guarigione o per il miglioramento del proprio stato di salute. Precisamente, si vuole tutelare la piena esplicazione sia del diritto alla salute, che del diritto all’autodeterminazione, con le conseguenti determinazioni in termini di risarcimento del danno dei due beni lesi.

In relazione a quanto suesposto, l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che nell’ambito del contratto di spedalità rientrino, oltre alle prestazioni di diagnosi e cura, tutta una serie di prestazioni ulteriori, fra cui quella di raccogliere il consenso del paziente e, quindi, quella di fornire a quest’ultimo un ampio bagaglio informativo, parametrato anche alle capacità dello stesso, al fine di poter decidere consapevolmente in ordine ai trattamenti.

In quest’ottica, l’ampiezza dell’obbligo di informazione gravante sui sanitari, anche alla luce delle prescrizioni previste dal codice di deontologia sul punto, non può essere letto restrittivamente, limitandosi alla patologia alla base del ricovero. Nella specie, è stata ritenuta la responsabilità contrattuale dei medici, specializzati in urologia, che non avevano informato il paziente in merito ad una formazione tumorale emergente da una lastra effettuata durante il ricovero nel loro reparto.

Dall’analisi del contenzioso in materia, si rileva che l’ampiezza e i modi di tutela del diritto al consenso informato cambiano, a seconda della terapia in concreto rilevante, nel senso che, ad esempio, se si tratta di operazioni non necessarie, come quelle estetiche, o se si tratta di patologie del feto, ebbene in entrambi i casi il metro di valutazione sull’osservanza del diritto è molto rigoroso. Ciò in quanto nel primo caso viene in evidenza la superfluità dell’intervento, mentre nella seconda ipotesi il rigore deriva dalla considerazione, di ordine statistico, per cui le donne, una volta informate della patologia fetale, in altissima percentuale decidono di abortire.

Per altri profili, la Cassazione si è attestata su posizioni che, in alcune occasioni, risultano formalistiche, poiché privilegiano il dato documentale dell’apposizione della firma, in calce a documenti che spesso consistono in semplici moduli prestampati In senso opposto, invece, si fa gravare sul sanitario la prova di aver fornito tutte le informazioni necessarie.

( photos)
1 Gennaio 1970

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