INCONTRI A TEMA III EDIZIONE Martedì 16 marzo 2010 – ore 16,30

Prof. Filippo Pericoli Ridolfini – già primario medicina Ospedale Sora, Accademia Italiana della Cucina

ABSTRACT DELLA CONFERENZA:

La regola di San Benedetto, scritta per una comunità dedita alla preghiera e al lavoro (ora et labora), ha dettato in Europa linee guida di comportamento sul piano non solo spirituale, ma anche sociale.

Novità assoluta, anche per il monachesimo del tempo, la convivialità viene inserita nella giornata del monaco, insieme alla preghiera e al lavoro e regolata con grande rigore.

Assai significativo al riguardo il titolo del 43° capitolo della Regola: “Di quelli che giungono tardi all’officio divino o alla mensa”.

Questi i punti essenziali della convivialità benedettina: orari precisi e numero dei pasti nella giornata, puntualità, frugalità dei cibi, preghiera all’ inizio e alla fine del pasto, lettura dei testi sacri, ascoltata in silenzio, e discrezione in ogni atto conviviale.

I periodi di digiuno sono molti, ma la saggezza di San Benedetto ha previsto diverse deroghe per i malati, per i monaci addetti a lavori pesanti, nelle festività e quando sono presenti ospiti: … “tutti gli ospiti che sopraggiungano siano ricevuti come Cristo”.

Sul piano del’alimentazione la Regola realizzava un profondo cambiamento rispetto sia all’opulenza della Roma imperiale sia al disordine di segno opposto del’età barbarica.

La Regola ci propone, frugale una dieta sobria, prevalentemente vegetariana con il pane come alimento base, con minestre varie, con preparazioni solide allestite con farine di cereali, legumi e verdure, con pesci – generalmente d’acqua dolce – e con pollame (all’inzio erano proibite le carni di quadrupedi). Questa dieta, “mutatis mutandis” ci ricorda la nostra dieta mediterranea.

Grande importanza in molti monasteri rivestiva la produzione ortofrutticola e la coltivazione di piante medicinali: il cosiddetto giardino dei semplici: si delineava così una vera civiltà agricola, un’agricoltura biologica ante litteram.

Desta ammirazione l’organizzazione puntuale del convito monastico, con la figura del cellerario, economo di fiducia dell’abate, dei settenari. monaci addetti alla cucina secondo turni settimanali, e i lettori dei testi sacri scelti tra i monaci “capaci di edificare”.

Altra innovazione significativa nel convito benedettino è il refettorio: ambiente ampio, luminoso per il pasto in comune del monaci, con la mensa dell’abate e degli ospiti e con il seggio o pulpito per la lettura dei testi sacri. I monaci orientali dei primi secoli vivevano e mangiavano in solitudine.

In sintesi, la lezione conviviale di San Benedetto è una lezione d’ordine: ordine materiale e corporeo come riflesso di un più profondo ordine spirituale.