INCONTRI A TEMA III EDIZIONE Martedì 9 febbraio 2010 – ore 16,30
Prof. Sergio Paolini – docente facoltà Medicina Università di Perugia – Neuromed- Neurochirurgo
ABSTRACT DELLA CONFERENZA:
Il termine “mini-invasività” è entrato in tempi relativamente recenti nel linguaggio quotidiano e ricorre con grande frequenza nella maggioranza delle tematiche chirurgiche. Esso riveste forte interesse per la neurochirurgia, specie quella cerebrale, dove il concetto di “invasività” richiama possibili menomazioni della vita di relazione, delle funzioni neurologiche basilari, ma anche del comportamento o della personalità.
Di fatto, la neurochirurgia moderna ha visto modificare gran parte delle procedure fino a due o tre decenni fa, in favore di procedure ugualmente efficaci ma meno demolitive.
Come criterio generale, il termine “mini-invasivo” veicola un significato positivo, e quindi degno di attenzione, quando la procedura in questione presenta caratteristiche di efficacia e sicurezza vantaggiose rispetto al corrispondente trattamento “tradizionale”.
Uno dei casi più paradigmatici in cui la mini-invasività si è immediatamente tradotta in un beneficio chiaro e oggettivo per il paziente è stata l’introduzione, a cavallo degli anni ’70, dell’approccio trans-nasale trans-sfenoidale per il trattamento degli adenomi ipofisari. La possibilità di aggredire una piccola neoplasia posta al centro del cranio attraversando le cavità nasali anziché il cranio stesso, ha portato enormi benefici per il paziente e un generale miglioramento nella prognosi di questa malattia. Questo tipo di intervento costituisce attualmente lo standard di riferimento e, negli ultimi anni, è stato ulteriormente rifinito con l’introduzione della metodica endoscopica.
Esistono altri e più recenti esempi di procedure mini-invasive la cui introduzione ha migliorato o addirittura rivoluzionato gli abituali criteri di trattamento: la terapia endovascolare delle malformazioni vascolari intracraniche, Il trattamento endoscopico di alcuni tipi di idrocefalo, la chirurgia di alcuni disturbi del movimento, il trattamento mirato di alcune patologie vertebrali. Va detto che nella maggioranza dei casi, la mini-invasività risiede in alcuni aspetti anatomici e funzionali dell’approccio –scarsamente percepibili dai non addetti ai lavori- e solo parzialmente, se non incidentalmente, nell’aspetto più esteriore delle procedura (lunghezza della cicatrice chirurgica, anestesia locale versus anestesia generale etc). In altre parole, la mini-invasività, in neurochirurgia, va riferita solo in piccola parte all’aspetto cosmetico.
Caso a sé è costituito dalla neurochirurgia spinale, settore in cui ha preso piede –negli ultimi 5 anni– un amplissimo repertorio di procedure mini-invasive. L’alta richiesta di mini-invasività poggia le sue basi nel fatto che la chirurgia tradizionale riesce a consegnare risultati certi e tangibili a un sottogruppo selezionato dei pazienti con spondilodiscoartrosi cronica. Nei restanti casi, il carattere non-focale della patologia e le incerte prospettive di successo, rendono preferibile il ricorso ad interventi a basso rischio o anche a procedure non-chirurgiche, tra le più diverse. Per il paziente medio, le informazioni circa queste metodiche sono quasi sempre reperibili su Internet dove si intersecano con moltissime variabili non sempre visibili sulla singola pagina web e spesso prive di carattere scientifico.
In questa occasione verranno proposti esempi di procedure chirurgiche o parachirurgiche, cerebrali e spinali, in cui il valore della mini-invasività è reale ed altri in cui è molto controverso. Verranno spiegati i meccanismi per i quali gran parte dei pazienti si trova esposta ad un flusso indiscriminato di informazioni e, nonostante tutto, priva di mezzi per poter operare la giusta scelta. E’ evidente che questa distorsione della capacità di giudizio affonda le sue radici nella scarsa regolamentazione delle pubblicità scientifica che è propria del Web. Pur rimanendo auspicabile che il sistema si autodisciplini in modo da fornire strumenti di conoscenza immediati e affidabili a chi ne abbia bisogno, si riafferma forse più essenziale di prima la necessità di un rapporto di fiducia con il proprio medico. Solo a questi il paziente stesso può demandare una scelta delicata che altrimenti, il più delle volte, non trova i mezzi per compiere.
( photos)
1 Gennaio 1970
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